venerdì 26 febbraio 2021

QUANDO DANTE INCONTRO' RE MANFREDI

Lo descrivevano alto e biondo, colto come chiunque fosse cresciuto nella corte del Regno di Sicilia fondato dal suo bisnonno materno Ruggero II D’Altavilla, il normanno e scherzo del destino tutti e due sono morti lo stesso giorno: il 26 febbraio; nel 1154 il fondatore del Regno Ruggero II a Palermo e nel 1266 , a soli 34 anni, l’ultimo re svevo normanno a Benevento in una furiosa battaglia contro l’invasore Carlo I D’Angiò.
Manfredi forse è nato in Basilicata a Venosa nel 1232, città amata dal padre Federico II perché vi riposano i suoi antenati Altavilla: Guglielmo Braccio di Ferro, Drogone, Umfredo, Guglielmo detto del Principato, Malgerio ed il grandissimo conquistatore Roberto il Guiscardo. Mentre secondo recenti studi potrebbe essere nato nel castello di San Gervasio e visse la sua fanciullezza nel territorio tra il Vulture e l'Alto Bradano lucano. La madre era Bianca Lancia, forse la moglie preferita dallo Stupor Mundi. Su Manfredi ci sarebbe molto da scrivere ma, a 700 anni dalla morte del Sommo Poeta,  lo ricordo con i versi di Dante Alighieri nella Divina Commedia (Purgatorio canto III, vv. 103-145), lo pone tra coloro che si sono pentiti in punto di morte e sono stati accolti dalla "bontà infinita".

« [...] Io mi volsi ver lui e guardail fiso:
biondo era e bello e di gentile aspetto,
ma l'un de' cigli un colpo avea diviso....
Poi sorridendo disse: Io son Manfredi,
nepote di Costanza imperadrice
[...]
Se 'l pastor di Cosenza, che a la caccia
di me fu messo per Clemente allora,
avesse in Dio ben letta questa faccia,
l'ossa del corpo mio sarieno ancora
in co del ponte presso a Benevento,
sotto la guardia de la grave mora.
Or le bagna la pioggia e move il vento
di fuor dal regno, quasi lungo 'l Verde,
dov'e' le trasmutò a lume spento.
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Purg. c. III, v. 103-145)

Come scrive Andrea Galgano nel suo saggio  "41esimo Parallelo Nord - Poesie delle Terre di Lucania", edito da Editrice Universosud , con gli interventi del poeta, scrittore e intellettuale Gianfranco Blasi e del sottoscritto: "Giunti ai piedi della montagna, ripida ed erta, una delle anime si fa avanti e chiede a Dante se lo aveva mai scorto laggiù in terra, è Manfredi, re di Sicilia, nipote dell’imperatrice Costanza d’Altavilla, descritto come bello, biondo e di gentile aspetto, ma sfigurato dalle terribili ferite della battaglia di Benevento («ma l’un de’ cigli un colpo avea diviso»), dove aveva conosciuto la morte. Dante dice di non conoscerlo ed egli, allora racconta la sua storia. Manfredi è morto scomunicato e prega Dante di riferire alla figlia la verità. 

Andrea Galgano


Dopo essere stato colpito a morte in battaglia, si pentì dei suoi peccati e chiese perdono a Dio, che gli concesse il tempo della purificazione e la salvezza: se il vescovo di Cosenza, su richiesta di papa Clemente IV, lo avesse compreso, il suo corpo sarebbe ancora in territorio consacrato e non disseppellito e senza alcun segno di onore, al buio, sul fiume Liri e poi aggiunge: «Ver è che quale in contumacia more / di Santa Chiesa, ancor ch’ al fin si penta, / star gli conviene da questa ripa in fuore, / per ogni tempo ch’egli è stato, trenta, / in sua presunzion, se tal decreto / più corto per buon prieghi non diventa».

Chi muore dopo essere stato scomunicato, ossia fuori dalla comunione ecclesiale, anche se poi si pente, deve attendere un tempo trenta volte superiore a quello trascorso in vita, a meno che i vivi non preghino per lui. Poco dopo, prega Dante di riferire alla figlia Costanza, che è salvo e si trova in Purgatorio e preghi per la sua anima. La giustizia divina è una dismisura. Attraverso l’esemplarità del fatto e la misericordia, Dante ci fa percepire da una parte la dimensione del perdono e dall’altra la consistenza dell’amore come misericordia. Il cammino del Purgatorio è il cammino dell’esistenza, ciò che più si allinea con l’esistenza nel tempo e nello spazio e Dio, ci dice ancora Dante, ha salvato il nostro tempo nel tempo e nello spazio, rendendoli eterni".

Ed in ultimo con una leggenda popolare che racconta che al tramonto tra i riflessi delle finestre bifore del rosso castello di Lagopesole, si intravede una diafana figura che vaga per gli oscuri corridoi piangendo e lamentandosi; vestita di bianco, di straordinaria bellezza e con una piccola lanterna in Mano. E’ Elena degli Angeli, l’amata moglie del Re Manfredi di Sicilia e raccontano le leggende che  lo stesso Manfredi avvolto da un manto verde su un regale  bianco cavallo  vaghi nei dintorni del castello, tra un bosco ed una radura in ricerca della sua Elena, ma nessuno dei due riesce ad intravedere l’altro, destinati anche nell’aldilà a non incontrarsi mai. Poi, la Domus  Imperiale di Lagopesole, specie nei giorni di rosso tramonto è suggestiva, quasi magica quando le sue pietre, le sue torri sembrano amalgamarsi con i raggi del sole morente ed i verdi alberi cresciuti a ridosso della mole. Un castello, unico  nel suo genere che ha sempre colpito l’immaginario di artisti, poeti, fotografi e anche della tradizione orale che ha fatto nascere leggende e fantasiosi episodi capitati tra le segrete mura. Le rosse mura ;queste realmente videro la storia d’amore del Biondo Manfredi e della dolce Elena degli Angeli, la sua amata sposa e madre dei figli del re svevo.
Elena Ducas- questo il suo  vero nome- ebbe vita breve, appena 29 anni, figlia del despota d'Epiro Michele II e di Teodora Petralife, considerata Santa dalla Chiesa Ortodossa, sposò a 17 anni il biondo Manfredi di Sicilia, re e poeta, guerriero e colto come il padre Federico II,il  2 giugno 1259 e  in seguito alla morte del marito durante la battaglia di Benevento nel 1266 ,fu  imprigionata da Carlo d'Angiò e condotta anche a Lagopesole  dove incontro  Carlo I d'Angiò, forse  dove passò  tra  ultimi momenti della sua vita, nella totale tristezza, lontana anche dai suoi figli, imprigionati a Castel del Monte. La dolce Elena morì prigioniera nel castello del Parco di Nuceria Christianorum, oggi Nocera Inferiore, dove morì il 14 marzo 1271 a soli 29 anni. Elena e Manfredi dimorarono spesso a Lagopesole, nei loro giorni felici, e ancora c’è chi sostiene che la regina arrivata dall’Epiro non abbia mai lasciato il rosso maniero.



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