Bisanzio e l’oriente, sono sempre
stati l’orizzonte cui i Normanni italiani degli Altavilla hanno rivolto lo
sguardo lo fece Roberto Il Guiscardo, che voleva conquistare l’impero
Bizantino, lo fece il figlio Boemondo, cresciuto sin da piccolo a Melfi (Basilicata)
come un guerriero, ( (nato
nel 1058 o a San Marco Argentario ma forse anche a Melfi – Canosa di Puglia ?, 7 marzo1111) che su leader della prima crociata e
conquisto Antiochia, Tancredi D’Altavilla- nipote del Guiscardo- primoad
entrare nella Gerusalemme liberata, ed anche Ruggero II fino a Federico II
erade degli Altavilla che con la diplomazia riottenne Gerusalemme dal sultano ayyubide al-Malik al-Kamil, nipote di Saladino: Gerusalemme venne ceduta, peraltro ridotta senza
mura e indifendibile, e con l'esclusione dell'area della moschea di Umar
(ritenuta dai cristiani il Tempio di Salomone), che era un luogo santo
musulmano. La seconda moglie del
Guiscardo, donna di profonda cultura e acume politico, la longobarda di Salerno
Sichelgaita cercò di dissuadere inutilmente
il Duca di Puglia, Calabria e Sicilia ad
attaccare l'Impero bizantino, Sichelgaita fu comunque al suo fianco in questa campagna
militare. Durante la battaglia di Durazzo (1081) combatté in prima persona armata di corazza,
guidando le truppe di Roberto quando queste furono inizialmente respinte
dall'esercito nemico.
Secondo la cronista bizantina Anna Comnena, Sichelgaita era «come un'altra Pallade, se non una seconda Atena». Anna le attribuisce una citazione dall'Iliade.Era il 1081, Il Guiscardo era già da maggio in Albania per
pianificare la conquista dei Balcani a
danno dell'Impero. Già all'epoca era chiaro l'intento del Guiscardo di
impossessarsi del trono di Bisanzio, rivendicato da Costantino Ducas, figlio del deposto Michele VII e
genero di Roberto in quanto marito della figlia Olimpia. Ma Niceforo III,
che aveva deposto Michele nel 1078,
fu a sua volta spodestato e all'arrivo di Roberto nei Balcani, sul trono di Costantinopoli sedeva Alessio I. Per dar forza alle
proprie rivendicazioni, il Guiscardo pensò di spacciare Costantino per
l'imperatore deposto, anziché per il suo erede.
L'assedio di Durazzo
Nel giugno di
quell'anno il Guiscardo marciò verso nord e cinse d'assedio Durazzo, capitale della regione, i cui
abitanti non furono per nulla impressionati dall'arrivo del falso Michele. La
città, infatti, adagiata su una penisola protesa verso l'Adriatico, era ben preparata sia agli attacchi
da terra che da mare. I Veneziani inviarono
una flotta in aiuto di Alessio e bloccarono le navi del Guiscardo all'interno
del porto, costringendo il Normanno ad inviare il figlio Boemondo a trattare
con loro. Quando essi si rifiutarono di riconoscere il falso Michele e
insultarono Boemondo, Roberto passò all'attacco. Le sue navi furono distrutte
nel corso di una breve battaglia navale, mentre la guarnigione di Durazzo,
guidata da Giorgio Paleologo, sconfisse i Normanni fuori dalla città e
distrusse le loro torri d'assedio. A questa prima sconfitta seguì in breve
un'epidemia che colpì le truppe normanne. Secondo Anna Comnena, nella sua cronaca l’
Alessiade storica bizantina figlia di Alessio, la pestilenza uccise più di
diecimila uomini.
Nonostante l'infelice
esordio, il Guiscardo continuo l'assedio, mentre Alessio lasciava
Costantinopoli e gli andava incontro con le sue armate. Sempre secondo le
cronache di Anna, Roberto aveva ai suoi ordini circa trentamila uomini, mentre
Alessio disponeva di un esercito di circa ventimila soldati, molto composito
per origini e formazione: tagmata della Tracia e
della Macedonia,
unità d'elite excubita e vestiaritae,
una schiera di cosiddetti manichei (eretici bogomili organizzati
in unità militari), cavalleria tessalica, mercenari franchi e turchi (questi
ultimi comandati dal generale eunuco Taticius), coscritti balcanici, fanteria armena, alcuni Variaghi e
altre truppe leggere. Mentre Alessio marciava verso l'Adriatico, il Paleologo
annientava altre macchine da guerra del Guiscardo.
La battaglia 18 ottobre 1081
L'intenzione
dell'imperatore era quella di attaccare i Normanni già al suo arrivo, in ottobre,
contrariamente ai consigli del Paleologo e di altri ufficiali. Grazie all'aiuto
delle sue spie, il Guiscardo seppe tempestivamente della venuta di Alessio e
spostò il suo esercito fuori dalla città per prepararsi alla battaglia. Nel
frattempo cercò anche di negoziare col suo rivale, secondo una tattica utile a
mettere in stallo la situazione e guadagnare tempo: egli infatti avanzò
all'imperatore condizioni evidentemente inaccettabili, anche se Anna non
fornisce dettagli al riguardo.
Roberto divise il proprio
esercito in tre tronconi, ponendo se stesso al comando del centro, il figlio
Boemondo a sinistra e Amico di Giovinazzo , normanno consanguineo
degli Altavilla- signore di Giovinazzo e Terlizzi. a destra. Anche
Alessio fece lo stesso, comandando personalmente il centro (dov'erano
posizionati i Variaghi) e ponendo Gregorio Pacuriano a sinistra e Niceforo
Melisseno a destra.
Boemondo D'Altavilla |
Il 18 ottobre, mentre
l'imperatore marciava in testa all'esercito, un contingente di arcieri fu
posizionato dietro le linee dei Variaghi, che di tanto in tanto si spostavano
in modo da permettere alle frecce di colpire i Normanni, per poi richiudersi a
difesa degli arcieri. Il Guiscardo tentò di rimuovere i Variaghi dalla loro
posizione con una carica di cavalleria, che fu però respinta dagli arcieri. Il
conte Amico caricò congiuntamente le ali di centro e di sinistra ma i Vairaghi
tennero le loro posizioni e Pacuriano riuscì a rompere l'attacco facendo
fallire l'offensiva. Le truppe di Amico, prese dal panico, fuggirono verso il
mare, inseguite dai Variaghi.
Fu a questo punto che
comparve sul campo di battaglia Sichelgaita,
terribile principessa guerriera sposa del Guiscardo, descritta da Anna come
" come un'altra Pallade, se non una seconda Atena". Sichelgaita raggiunse e tenne sotto scacco
le file dei Variaghi, che presi dalla foga della battaglia avevano dimenticato
una delle regole fondamentali della strategia militare bizantina: mai inseguire
le truppe in fuga, poiché gli inseguitori, tagliati fuori dal resto
dell'esercito, risultano vulnerabili ad un attacco separato. Ed è infatti
quello che accadde: il Guiscardo inviò contro di loro i suoi fanti, che
approfittando della stanchezza dei nemici, fiaccati dall'inseguimento dei
fuggiaschi, inflissero loro pesanti perdite. I superstiti trovarono riparo in
una chiesa, che fu data alle fiamme dai Normanni. Nel rogo morirono tutti.
Sebbene entrambi gli
schieramenti avessero perso un intero fianco, il Guiscardo poteva contare
ancora sulla propria cavalleria pesante, rimasta fuori dal campo come riserva.
I cavalieri, lanciati contro Alessio e il centro del suo esercito, seminarono
un terrore tale da indurre i mercenari turchi e bogomili alla diserzione. Lo
stesso imperatore, sprovvisto di forze sufficienti, si diede alla fuga,
inseguito prima da Amico, che riuscì a sconfiggere, poi dalle lance normanne.
Anna Comnena racconta che solo l'intervento divino poté salvargli la vita -
scusandosi in seguito coi lettori per aver dedicato così tanto spazio alle
sofferenze del padre.
Alessio perse in
battaglia circa cinquemila uomini, compreso Costantino, figlio dell'imperatore Costantino X,
mentre i Normanni occuparono il suo campo e depredarono le sue ricchezze. Le
perdite subite dall'esercito del Guiscardo ci sono ignote: all'epoca, essi si
vantarono di aver perso solo trenta uomini, il che è ovviamente impossibile.
Esito
Stemma degli Altavilla |
La battaglia di
Durazzo costituì una pesante sconfitta per Alessio. Già con la battaglia di
Manzikert del 1071 l'Impero aveva perso quella parte
dell'Anatolia che
rappresentava il cuore del dominio bizantino e ora anche i Balcani erano
prossimi a cadere in mano straniera. Il Guiscardo conquistò Durazzo e nel giro
di pochi mesi sottomise buona parte della Grecia settentrionale.
Alessio prese accordi con l'imperatore Enrico IV al fine di attaccare i Normanni in Italia, ma mentre il Guiscardo rientrava in patria per
scongiurare diplomaticamente questa evenienza, Alessio subì da Boemondo altre
due sconfitte. Riuscì ad espellere i Normanni dai Balcani solo nel 1083.
Anna Comnena ci offre anche una straordinaria
e dettagliata descrizione fisica del personaggio:
« Questo Roberto era di stirpe normanna, di
condizione oscura, cupido di potere, d'ingegno astutissimo e coraggioso
nell'azione: aspirava soprattutto alla ricchezza e alla potenza dei grandi e,
non tollerando alcun ostacolo alla realizzazione dei propri disegni, prendeva
tutte le precauzioni per conseguire il suo scopo incontrastabilmente. La sua
statura era notevole, tale da superare anche i più alti fra gli individui;
aveva una carnagione accesa, i capelli di un biondo chiaro, le spalle larghe,
gli occhi chiari ma sprizzanti fuoco. La conformazione del suo corpo era
elegantemente proporzionata... Si racconta che il grido di quest'uomo avesse
messo in fuga intere moltitudini. Così dotato dalla fortuna, dal fisico e dal
carattere, egli era per natura indomabile, mai subordinato ad alcuno. »Non si dovrebbe
tuttavia accordare molta fiducia a tale descrizione: la principessa bizantina
nacque nel 1083 e Roberto morì nell'estate del 1085. In realtà la
tradizione bizantina, nella quale l'Alessiade di Anna Comnena si inscrive, tendeva
ad esaltare virtù e qualità dei nemici per magnificare ancor di più quelle del
generale che li aveva sconfitti. In questo caso tale tesi si consolida,
considerando che la principessa era figlia di Alessio I
Comneno, l'imperatore che fronteggiò l'avanzata del Guiscardo nei
Balcani. Le citazioni prese dalla letteratura classica, l'attenzione alle
proporzioni del corpo, il complesso di valori che Roberto incarna nell'Alessiade si declinano perfettamente secondo i
canoni dei gusti raffinati della corte di Bisanzio, erede dello sfarzo romano e
della raffinatezza ellenistica.
Con un pizzico di
malizia, inoltre, si potrebbe ipotizzare che, per descrivere l'adone bello e
aitante che sfolgora nel passo sopracitato, Anna Comnena si fosse ispirata ad
uno dei tanti mercenari normanni (i vareghi),
che dal secolo X avevano sostituito gli Excubitores,
ossia la guardia personale dell'imperatore bizantino; o più semplicemente al
figlio di Roberto, quel Boemondo che
passò da Costantinopoli nel 1097 affascinando tutta la corte imperiale
e l'adolescente Anna.
Tomba degli Altavilla a Venosa (Basilicata) vi sono sepolto Guglielmo Braccio di Ferro, Drogone, Umfredo, Roberto il Guiscardo e Guglielmo detto del principato |
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