domenica 13 settembre 2015

ISHI:LA STRAORDINARIA STORIA DELL'ULTIMO YAHI

Era un normale giorno, uno dei tanti giorni afosi  di un agosto nella calda California quando presso Oroville nella contea di Butte apparve all’improvviso lui, denutrito, quasi nudo, con i capelli mezzi bruciati ed era spaventato non si sa da cosa e ne si seppe mai. Non parlava certo inglese; ma solo una lingua sconosciuta poi si seppe che  era lo Yahi, un dialetto che si nativa che si credeva istinto da 50 anni assieme allo sterminio di quel popolo,.  Lui era Ishi; l’ultimo sopravvissuto di quella tribù californiana dopo il massacro di di Mill Creek nel 1866 dove la sua tribù fu sterminata e pochi superstiti riuscirono a scappare nelle foreste californiane; da quel giorno evitarono ogni contatto con l’uomo bianco; continuando a vivere liberi e lontani dagli “occhi pallidi” che  li uccidevano senza motivo. Era il 31 agosto 1911; Ishi l’ultimo indiano ad aver vissuto nella tradizione del suo popolo senza alcuna contaminazione con l’occidente apparve stremato all’improvviso; suscitando prima paura per il suo aspetto selvaggio, armato di arco e frecce come non si vedeva da decenni, incapace di comunicare una sola parola in americano. Ma colpì subito la sua gentilezza, anche se nessuno capiva quella strana lingua poi in una zona dove amerindi non c’erano più da anni. 
ISHI IL 31 AGOSTO 1911
 La popolazione, all’epoca erano contadini lo aiutarono e lo accolsero benevolmente;  L’uomo venuto dal passato fu preso in custodia dallo sceriffo locale, che gli diede vestiti, lo sfamò e lo ospitò in una cella adibita per l’occasione in “camera da letto” finchè  arrivarono degli antropologi della università di Berkeley, Alfred L. Kroeber e Thomas T. Waterman, due scienziati dell'Anthropological Museum.  Gli studiosi capirono subito di essere in una situazione di assoluta unicità; di fronte a loro un uomo, un nativo come i suoi antenati di centinaia di anni prima: nessun contatto con una cultura estranea se non quella delle tribù amerinde. Ishi all’epoca aveva circa 50 anni, era cresciuto come un autentico  Yahi del XV secolo: si cibava di bacche, frutti, cacciava con l’arco, dopo il massacro della sua tribù si era rifugiato in territori pieni di boschi dove nessun uomo bianco ci andava assieme al padre  alla sorella ed alla madre;  gli unici superstiti.

Poi si seppe; quando Ishi incominciò a comunicare che per anni la sua famiglia aveva vissuto in capanne costruite nella manira Yahi; ben nascoste finchè nel 1908 furono attaccati da alcuni bianchi; Yahi e la sorella fuggirono, la madre malata si nascose ma morì dopo il saccheggio. Ishi non ritrovò più la sorella e da quel giorno visse solo e senza una meta, impaurito da una ferocia che non comprendeva nella sua cultura. L’ultimo indiano poi stremato alla ricerca di cibo trovò per caso una nuova vita. Gli studiosi di Berkley lo portarono al museo di antropologia dove Ishi rimase per tutta la vita come custode ed icona vivente di una  cultura autoctona che si era cercata di cancellare perché inferiore. Grazie ad un gruppo di nativi di una etnica vicina ai Yahi si tradusse anche  quella lingua ormai parlata solo da un essere umano; tutto questo grazie al linguista Edward Sapir; esperto di dialetti amerindi.
ISHI MENTRE COSTRUISCE UN ARCO
Ishi rivelò molto di quella tribù ormai estinta della quel era l’ultimo rappresentante spiegando le strutture sociali; gli usi; come si costruivano gli utensili ma fece capire che non ricordava molto perché quel poco che sapeva gli era stato tramandato dai genitori ma i “vecchi saggi” della tribù erano morti quando lui era piccolo. L’Ultimo Yahi non rivelò mai il suo vero nome come da tradizione della sua cultura e Kroeber  ormai da studioso divenuto amico fraterno del “selvaggio” lo chiamò Ishi che in Yahi significa Uomo.

Colpì molto la sua abilità nel costruire gli archi e nella caccia con l’arco; arte che insegnò ad un professore di medicina Saxton Popee ed a  Art Young, che  grazie agli insegnamenti di Ishi, divennero i primi cacciatori arcieri dei tempi moderni e sono ancora considerati i grandi pionieri dell’arceria moderna. 
ISHI MOSTRA COME SI ACCENDE IL FUOCO
Ishi si abituò alle usanze americane, amava vestirsi e mangiare all’occidentale e mangiare  ma detestava sughi ed il fumo ed era astemio; gentilissimo di animo ed affettuoso ma manteneva sempre il riserbo sulla sua vita passata: non volle mai parlare della sua famiglia. Solo una volta, accompagnato da Saxton Popee ritornò nei luoghi dove era vissuto, fece vedere le capanne nascoste dove era vissuto; si tolse gli abiti occidentali per poter nuotare liberamente nel fiume, prese arco e frecce si congedò per entrare nella foresta da solo. Ritornò sorridente il giorno dopo dicendo .”Tutto a posto”. Era andato a fare un rito funebre per i suoi cari. 

 Eppure Ishi fu vittima dell’uomo bianco, nonostante fosse robusto e fortissimo si ammalava facilmente non avendo anticorpi necessari per le malattie dei “bianchi” morì  di tubercolosi appena dopo 5 anni la sua apparizione era il 25 marzo 1916

Quando Ishi morì il suo amico prof.  Kroeber si trovava in Europa e scrisse una lettera affinché Ishi fosse seppellito secondo i riti Yahi, e non fosse posto ad autopsia perché per cultura Yahi il corpo doveva mantenersi intatto per andare dal “Grande Spirito” . Fu inutile, l’autopsia fu eseguita e secondo una assurda usanza del tempo il cervello di Ishi fu per inviarlo in “dono” alla Smitshonian Institution del Maryland. Qualcno propose addirittura di imbalsamarlo per esporlo nel museo; amareggiato  contro questo inutile gesto contro il suo amico Yahi , Kroeber non volle più scrivere nulla su Ishi per tutta la sua vita, voleva ricordarlo solo come un amico. Dopo che Kroeber morì, nel 1960, sua moglie, Theodora, scrisse un libro “Ishi l’uomo in due mondi”.


Per  fortuna Ishi fu sepolto come l’usanza del suo popolo con il suo arco , cinque frecce, delle ghiande, una borsa piena di tabacco, tre anelli”. E sulla sua tomba Sulla tomba la  scritta con la frase che usava dire per salutare la gente: "Voi restate, io me ne vado".



Il 10 agosto 2000 il cervello di Ishi fu riportato nella sua terra, in un luogo segreto vicino a Oroville avvolto in una pelle di cervo.
                                UNA CAPANNA YAHI
Saxton Pope disse di lui : “E così, con animo stoico e impavido muore l'ultimo indiano selvaggio d'America. Egli ha chiuso un capitolo della storia. Ci considerava come fanciulli sofisticati, intelligenti, ma non saggi. Noi conosciamo molte cose, e parecchie di esse sono false. Egli conosceva la natura, che è sempre vera. Le sue erano qualità che sono valide in eterno. Era benevolo: aveva coraggio ed autocontrollo, e quantunque gli fosse stata strappata ogni cosa dai bianchi, non v'era amarezza nel suo cuore. La sua anima era quella di un bambino, la sua mente quella di un filosofo.”
 


3 commenti:

  1. He was proposed to several times while among the whites and his lineage would of continued. We as a species are the sorrier for him not to have taken up that offer.

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  2. Quando l'uomo avra' abbattuto l'ultimo albero e pescato l'ultimo pesce si accorgera' che i suoi soldi non si possono mangiare .

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  3. Gli anglosassoni, sterminatori rapaci e vigliacchi genocidi, sono il cancro del mondo. Solo con la loro scomparsa si vedrà una nuova alba.

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