“Entrai in una palestra di boxe perché era l’unico luogo per fare una doccia calda”. Forse non fu la sola motivazione del piccolo profugo istriano Giovanni, ma negli anni del dopo guerra la vita non era facile per nessuno. La boxe o meglio il pugilato – usiamo un termine italiano- poteva essere una alternativa alla miseria e un’opportunità alla scalata sociale. Eppure, negli anni del ventennio e durante la guerra il pugilato era uno sport seguitissimo al pari del calcio e del ciclismo. Essere campioni delle quattro corde significava anche essere un personaggio non solo sportivo ma un simbolo nella società come lo furono Carnera, gli assi Locatelli, Spoldi Venturi o Erminio Spalla che debuttò nel cinematografo seguito da Enzo Fiermonte e tanti altri. La lista è lunghissima.
Il pugilato è una metafora della vita, con le sue soddisfazioni e le sue difficoltà, con i momenti di gloria e quelli di conforto, con le sconfitte e le vittorie. M ala boxe è particolare, si combatte sul ring, che significa anello ma è un quadrato, per lanciare un sinistro, si parte dal destro, per tirare un pugno, il primo movimento si fa con una gamba. Uno sport anche epico, fatto di personaggi leggendari ma soprattutto di uomini, come lo fu Franco Blasi, nato l’otto agosto 1929 a Anzi, potentino di adozione e alfiere dello sport lucano. La sua storia è ben raccontata dal nipote Gianmarco Blasi, nel libro “Il Biondo, un pugno alla guerra e un altro per ricominciare” Anzi, un(romanzo, perché no?la storia di un’epopea che parte dai bombardamenti a Potenza del 8 settembre 1943, la ricostruzione della città, il boom economico, la speranza dopo ani di guerra e miseria, dal nulla degli anni precedenti. Il ring può essere spietato e come nella vita spesso ci vuole anche fortuna. Il pugile non è solo il campione mondiale o l’idolo delle folle. Il pugilato è soprattutto passione, sudore e coraggio. Quel coraggio che deve meritare il nostro rispetto. Il rispetto che - come mi insegnò il mio maestro Licinio Sconfietti, si deve anche all’umile novizio che sale per la prima volta sul ring e perde.
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Gianmarco Blasi, il campione europeo Emanuele Blandamura e Franco Blasi |
“Il Biondo” è Franco Blasi che ci ha lasciati sabato scorso, lui fa parte di un romanzo popolare e va, naturalmente, oltre la pratica sportiva. Si interseca con la guerra,con il tragico bombardamento di Potenza, con l’amicizia e l’emigrazione e con quello strano mondo che è il pugilato. Quella boxe
spumeggiante e arte
sincopata insegnata da Silvio Nocera della quale Franco Blasi fu artista
del ring, nella sua pur relativamente breve e pur intensa carriera. Intensa e unica.
In quel miracolo che fu
Diamo la parola a Grillone: “Klaus era un personaggio molto carismatico, esperto e conoscitore della boxe internazionale. Un grande uomo d’angolo che infondeva sicurezza e sapeva leggere il match. Cosa rara nei maestri, bravi magari a costruire un ragazzo pugilisticamente, ma meno di interpretare all'angolo un confronto. Selettivo nelle scelte e anche temuto dai vertici della Federazione. Aveva carta bianca e prendeva solo i pugili che reputava degni della sua squadra. Simpatico anche nel suo modo burbero di insegnare il pugilato metodico e attento e innovatore per i suoi tempi con il suo modo di far fare le figure unico. Capace di far portare i ganci con l’avambraccio e con il gomito verso il basso. Portando su la spalla con la spinta del deltoide, così da realizzare due variazioni in diagonale con le gambe in uscita dall'asse di combattimento... E poi il “cavallo di battaglia” : la ginnastica dei colpi portati e ripetuti in una sorta di catena cinetica. Solo chi aveva classe era chiamato alla corte di Klaus”. Blasi quel pugilato lo aveva imparato da Nocera, perfezionato con Klaus. Per questo chi lo ha visto combattere sosteneva che sul ring danzava. Forse anche Franco Blasi, soprannominato “il biondo” amava il jazz, i suoi ritmi. Così’ si preparava al colpo finale, quello che più piace agli spettatori: il k.o (Knock- Out).
Franco Blasi, grande tifoso di Sandro Mazzinghi, che ci ha lasciato da poco, ha anche due record, nel 1947 sostenne allo Stabile il primo incontro di pugilato combattuto in Basilicata e fu il primo pugile professionista in Lucania. Poi lasciò, emigrò in Francia, dove combatteva sono falso nome, facendo finta di essere muto, per non far capire che fosse italiano. Fu anche arbitro, allenatore e organizzatore: al Coni, nel 1969 organizzò Italia- Polonia, dove ha combattuto il futuro campione mondiale Franco Udella e la star fu il welter Vladimiro Riga, poi sparring di Benvenuti, che mi confida sempre: «Ho nostalgia di Potenza, ho provato da voi emozioni, che neanche a Madison di New York ho avuto».
Grazie Leo, pur conoscendo a memoria la storia del biondo. Mi sono profondamente emozionato... GRAZIE!
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